Authors: Francesco Gorgone, Sara De Falco, Riccardo Di Noto
Il famoso gruppo di attivisti “Ultima Generazione”, conosciuto in Germania e in Austria con il nome “Letzte Generation”, è un movimento atto alla consapevolezza pubblica riguardo “il collasso ecoclimatico a cui stiamo andando incontro a causa delle troppe emissioni.”, citando il loro stesso sito. Si sono fatti conoscere e hanno più volte raggiunto la discussione mediatica tramite i loro gesti di disobbedienza civile nonviolenta, con azioni che portano spesso, volutamente, a disagi e scalpore, come i blocchi stradali con i cartelloni in mano o gli imbrattamenti di opere e monumenti, con scopo di ribellione, e il fine ultimo di fare richieste al Governo per modificare l’investimento nell’industria fossile da parte del paese
Eseguendo quindi un’analisi del riscontro dell’opinione pubblica riguardo le azioni del gruppo, abbiamo notato come a seguito dei diversi casi, le discussioni vertono principalmente sull’azione stessa, sui danni provocati, sui disagi e lo scontento delle persone coinvolte incidentalmente e mai sui messaggi che il movimento cerca di veicolare con tali gesti. Seppur sapendo che Ultima Generazione è consapevole e anzi spinge proprio verso il clamore polarizzante generato dalle loro proteste, reputiamo i loro metodi poco concludenti nel tentare di convincere e simpatizzare verso la causa, sia per colpa dei futili discorsi che si generano nei vari media, dove la preoccupazione delle persone sembra più dirigersi verso la statua ricoperta di vernice, sia per l’effetto di rigetto verso il movimento stesso che si crea inevitabilmente dopo. Lo stesso effetto che si viene indirettamente a generare è quello della “macchiettizzazione”, essere conosciuti come “quelli che imbrattano i quadri” oppure come “quelli che bloccano le strade” entrando quindi in un circolo vizioso dal quale è complicato uscire continuando a riproporre la stessa modalità d’azione senza rendersi conto dei risultati che concretamente generano rispetto a quelli attesi.
Il movimento di Ultima Generazione lotta per degli ideali che possono essere condivisi o meno, ma le modalità utilizzate per veicolare tali messaggi si trovano in diretto contrasto con ciò che le persone si aspettano da attivisti che provano a migliorare, o addirittura “salvare” il mondo, creando anche danni diretti verso queste persone, le quali dovrebbero poter simpatizzare con chi manifesta, ma si trovano impossibilitate, se bloccate in autostrada senza poter andare a lavorare. Tra chi difende a spada tratta gli attivisti e chi si limita ad accusarli con argomentazioni sterili riguardo al negazionismo climatico, stanno coloro che magari vorrebbero comprendere di più al riguardo e fare qualcosa per migliorare la situazione, ma non legge altro che di monumenti imbrattati e strade bloccate da personaggi che, anche a causa dei titoli sensazionalistici di cui spesso alcuni giornali fanno uso, appaiono come veri e propri ecoterroristi. Non ci si aspetterebbe da degli attivisti che vogliono sensibilizzare la popolazione sulle criticità climatiche interrompere il concerto di Natale il 21 dicembre scorso. L’imbrattamento di beni culturali quali opere d’arte o strutture come l’arco della pace, anche questo colpito da un blitz dei manifestanti, sebbene vengano “giustificati” da Ultima Generazione sostenendo che non si stiano procurando effettivi danni, in realtà solo il dover applicare qualsivoglia sostanza, comunque procedere con un trattamento per la cancellazione dei danni, provoca irrimediabilmente un danno, che questo sia lieve o meno. Chiedendo di porre rimedio ai gravi problemi ambientali quindi non solo si crea in realtà un danno ulteriore, ma ci si inimica anche la popolazione che magari avrebbe ben accolto le proposte degli attivisti, ma vengono colpiti in prima persona dai disagi che questi possono provocare. Il messaggio perpetrato da Ultima Generazione è che questa sia una questione talmente importante e che richiede immediata urgenza tanto da non potersi permettere metodi più morigerati, trovandosi quindi costretti a questi gesti che nemmeno loro vorrebbero commettere in primis (come riportato da Miriam Falco, esponente del movimento, in un’intervista de La Zanzara).
Tutto ha inizio circa due anni fa, con i blocchi autostradali. Gruppi di attivisti iniziarono ad organizzarsi , per fermare la viabilità ed ostruire il passaggio dei veicoli, sedendosi sul suolo stradale e muniti di striscioni contro il cambiamento climatico. Già da allora, Ultima Generazione ha fatto ben intendere il suo pensiero ed il modus operandi con il quale volerlo diffondere. Difatti, da allora sono continuate le numerose proteste, tra le più importanti ricordiamo quella nell’estate 2022, dove attaccarono la Venere di Botticelli e quella nel novembre dello stesso anno, dove imbrattarono “il seminatore”, celebre quadro di Van Gogh, esposto a Palazzo Bonaparte. Nel frattempo aprirono il sito web , dove, oltre a mostrare chi sono e di cosa si occupano, vi è anche una sezione dedicata al Fondo Riparazione per i danni climatici richiesti al governo ed una che invita chiunque a collaborare per una giusta causa. Infatti, Ultima Generazione viene finanziata non solo da avvocati, che offrono il loro servizio pro bono, ma anche da persone che decidono di donare proprio sul loro sito e grazie alle quali riescono a pagare le multe. Come confermato da alcuni di loro, le richieste sono in numerosa crescita, ma nonostante i toni affabili con i quali si rivolgono a chiunque voglia abbracciare la loro causa, non sono mancate negli anni polemiche a riguardo, non solo dalle istituzioni, ma anche dai cittadini stessi .
Tra le accuse mosse dai politici vi è quella di utilizzare metodi troppo forti, che non portano sostanzialmente a nulla, se non al rischio di creare numerosi disagi, aggiungendo che non è questo il modo di farsi ascoltare. Difatti proprio per quanto riguarda il quadro di Van Gogh, ad esempio, il ministro della cultura Sangiuliano si è detto assolutamente contrariato, in quanto “l’arte è alla base del nostro patrimonio culturale e va assolutamente protetta e non usata per altri tipi di proteste”.
Come possiamo vedere dall’immagine sottostante, gli attivisti quasi non vengono presi in considerazione in quanto tali, ma sono etichettati con appellativi svilenti, che sottolineano il dissenso ed il malcontento nei loro confronti: “altro che attivisti, siete dei vandali” o ancora: “protestano per un mondo migliore e sono i primi disgraziati”.
ATTACCO AL SENATO E INTERVISTA A CARTABIANCA
Uno degli atti illegali, non violenti, che ha suscitato maggior scalpore è stato sicuramente l’imbrattamento di Palazzo Madama, con la vernice lavabile. Nella mattina dell’ 1 gennaio 2023, infatti, un gruppo di attivisti si è riunito davanti alla sede del senato, per protestare ancora una volta contro la crisi climatica e in particolare contro l’energia fossile, che ancora viene finanziata dai politici. Per richiamare la loro attenzione, dunque, hanno deciso di lanciare secchiate di vernice lavabile sulla facciata del palazzo. La difesa ha affermato che si trattasse effettivamente di vernice a base d’acqua, quindi facile da pulire, ma nonostante ciò, il danno causato ammontava a circa 40 000 euro.
In seguito a questa operazione, uno dei membri di Ultima Generazione, Michele Giuli, è stato invitato nel celebre programma cartabianca, in onda in prima serata su rete 4 e condotto da Bianca Berlinguer.
Quella che doveva essere una semplice intervista, è poi sfociata in un’accesa discussione e si è rivelata, forse, anche uno specchio dello svantaggio del tipo di comunicazione di Ultima Generazione.
Da subito possiamo notare, che vi è una difficoltà nel rispettare i criteri del dialogo, soprattutto televisivo. Difatti, le voci dell’attivista e della conduttrice si sovrappongono,creando un clima non certo disteso.
Emerge, poco a poco, che la natura del risentimento del giovane risiede nel fatto che, tra tutti gli argomenti importanti riguardo la crisi climatica, la Berlinguer gli chiede solo della vernice lavabile. La risposta della presentatrice non tarda ad arrivare:” io l’ho invitata qui anche per parlare di questo”. Si evince, dunque, uno dei grandi temi che girano intorno a Ultima Generazione: è più importante quello che dicono o il modo in cui lo dicono?
Sembra chiaro che, se non avessero deciso di compiere un gesto così estremo, probabilmente non sarebbero neanche stati ospiti in prima serata. Il loro modo di agire, dunque, da una parte gli permette di avere molta notorietà, per poter esprimersi al meglio. Ma a che prezzo?
Michele Giuli cerca in tutti i modi di farsi ascoltare, fornendo anche dei dati per supportare la sua argomentazione, tuttavia il tono scomposto, quasi allarmistico e fremente, che va a sovrastare tutte le altre voci, non permettono di comprendere a pieno il discorso, tant’è che la conduttrice, visibilmente spazientita, a un certo punto lo blocca, appellandolo come un “ragazzino di 27 anni, che non deve certo insegnarle a fare televisione”.
Ritorna,dunque, il tema della “macchiettizzazione”, che latente nei primi minuti di questa intervista, salta, poi fuori prepotentemente, anche se non è strettamente legata alle azioni che compiono, ma è una conseguenza della sorta di antipatia che questi attivisti suscitano nell’opinione pubblica.
Infatti, nonostante abbiano delle ragioni più che giuste, che portano tante persone a comprenderli, è indubbio che ve ne siano tante altre che non accettano ciò che fanno, come viene mostrato anche nel programma stesso, con un grafico.
Su 100 persone, 18 trovano le loro azioni giuste, 66 le considerano sbagliate e 16 non rispondono.
LE DICHIARAZIONI DI MIRIAM FALCO
“Quello che facciamo mi fa schifo”.
Miriam Falco, attivista di Ultima generazione, il 6 novembre è stata ospite della trasmissione radiofonica La zanzara di Giuseppe Cruciani e David Parenzo.
Troviamo un Cruciani molto fermo nelle sue affermazioni, visibilmente contro le ragioni di questo collettivo ed una Miriam Falco più tranquilla, quasi come se si aspettasse quel genere di provocazioni. Difatti, andando avanti cerca in tutti i modi di parlare del cambiamento climatico, fornendo anche dei dati, che però non sempre, risultano pertinenti con quello di cui si sta parlando.
C’è da dire, quindi, che rispetto all’intervista mostrata in precedenza, troviamo un tipo di comunicazione molto diverso, frutto anche di un lavoro interno, che è stato fatto nel corso del tempo. Difatti, la Falco non si mostra arrabbiata, di fronte alle dichiarazioni del conduttore e neanche sorpresa del trattamento ricevuto, ma anzi, pare quasi accondiscendente e porta avanti la sua causa.
Tuttavia, Cruciani rappresenta il classico tipo di persona, alla quale non interessa molto di questo argomento, quasi negando l’esistenza di una crisi climatica e ponendo, dunque, l’accento sulle loro azioni. A quel punto, la ragazza ribatte che le fa schifo ciò che fanno e lo sa benissimo che non è giusto, ma fare ciò, così come andare in un programma e farsi insultare, è l’unico modo che hanno per farsi ascoltare.
Ritorna ancora una volta, un’argomentazione importante: ottengono visibilità, ma a che pro? Non si rischia di essere contraddittori in ciò che dicono e ciò che fanno?
Tanti quesiti, che ci hanno portati a voler approfondire ancora meglio la questione, abbiamo perciò contattato l’ufficio stampa di Ultima Generazione e accordandoci per un’intervista.
INTERVISTA
- State ottenendo qualche risultato concreto con questi metodi? Ne siete contenti?
“Se per risultato intendiamo che l’Italia sta pensando di interrompere la propria dipendenza dal fossile la risposta ovviamente è no, per ragioni storico-culturali, politiche ed economiche. Un’organizzazione come la nostra con la consapevolezza del collasso eco-climatico in corso che avrà ripercussioni enormi soprattutto sulle fasce povere della popolazione ha obiettivi sul lungo termine, sperando che l’Italia si muova verso la nostra richiesta di avere un fondo riparazione. I risultati non sono quindi dettati da un effettivo cambio di politica immediata ma come si sta orientando il dibattito pubblico. Quest’anno con le nostre azioni si è cominciato a parlare di “crisi” climatica invece di cambiamento climatico. L’apparato di potere che ovviamente vuole mantenere lo status quo ci ha fatto la guerra provando a spostare in ogni modo la conversazione sui nostri metodi, ma ogni volta noi non rispondiamo sul merito di questi, ovviamente è una scusa per parlare di altro, se ci fossero altri modi per parlare di quella cosa non ci sarebbe bisogno del metodo, è un mezzo. Il cambiamento che è necessario è radicale e sistematico. Chiedere se abbiamo raggiunto obiettivi concreti quando si sta parlando di rivoluzionare profondamente un sistema socio-economico e politico implica che si stiano raggiungendo obiettivi anche quando il governo realizza leggi ad hoc per reprimere un piccolo gruppo di persone che sta facendo disobbedienza civile non violenta. Noi non siamo una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza delle persone, diventiamo una minaccia considerando il fatto che un gruppo di cittadini sta chiedendo un cambiamento a persone che quel cambiamento non vogliono portarlo avanti; siamo una minaccia per il potere costituito. Uno stato che si mobilita per fare una legge su di te da due messaggi: “non ho alcuna intenzione di ascoltarti” e “ti identifico come una minaccia”. Un gruppo radicalmente non violento può rappresentare una minaccia solo quando vengono toccati interessi che non devono essere toccati.”
- Se la risposta dello stato è proprio prendere una posizione netta per contrastare, vedete comunque la disobbedienza civile come l’unico modo per portare avanti i vostri ideali?
“Quella che osserviamo è repressione politica, un blocco stradale è punito con una sanzione amministrativa da 1300 a 4000 euro, noi per un blocco stradale siamo stati in carcere per 3 giorni; è stata applicata un’altra legge in modo politico, è stato bypassato lo stato di diritto che è fondamento della democrazia. Sapevamo che sarebbe successo, se il governo fosse stato interessato negli ultimi trent’anni ad occuparsi della crisi eco-climatica avrebbe potuto farlo, se nessun governo l’ha fatto c’è una ragione. La disobbedienza civile nonviolenta non si abbandona, è una forma di riaffermazione della democrazia estremamente potente, andiamo contro lo stato affinché questo applichi dei diritti di base che non sta applicando.”
- L’opinione pubblica non è eccessivamente positiva riguardo Ultima Generazione, vi interessa questo?
“Prima di piacere o meno bisogna controllare se gli italiani si sono resi conto di cosa sta succedendo a livello di crisi climatica, e la risposta è sì, l’’84% degli italiani è molto preoccupato per la crisi climatica (secondo il report del Censis, dicembre 2023). A noi non interessa particolarmente piacere quando si porta avanti un progetto politico come il nostro, un progetto d’avanguardia anche arrogante in parte, ci siamo presi il diritto di riportare un certo tipo di pratica conflittuale nelle strade. La democrazia non è una cosa scontata, non è garantita, vuole dire costante controllo sulle istituzioni e sui politici.”
- Pensate che sia grazie a voi che le persone sono più consapevoli sulla crisi climatica? Come si possono mobilitare cittadini che vedono le vostre azioni come disobbedienza fine a sé stessa?
“Se gli articoli scientifici servissero realmente a cambiare la testa della gente avremmo cambiato tutto più di trent’anni fa, quello che cambia la testa della gente sono le storie. Siamo sul titanic a tutta birra contro l’iceberg, mentre in prima classe si beve champagne e si mangiano ostriche, tranquilli con le loro scialuppe, la sfida per noi è quella di andare nella cabina del capitano e chiedere di cambiare rotta; a loro non interessa di noi. Provate a scrivere in un articolo di Eni e vedete se viene pubblicato; Eni ha in mano tutte le pubblicità di tutti i giornali italiani, tutto l’apparato mediatico italiano è tenuto in mano da cinque famiglie, sembra complotto ma non lo è, si sono creati dei monopoli. L’apparato mediatico si è subito spostato sui metodi e sul coniare la parola “ecovandalo” per creare framing estremamente chiaro e negativo su di noi, la maggior parte delle interviste che abbiamo subito nel primo anno sono state ottenute proprio grazie a gesti forti. L’obiettivo non è piacere ma che il governo agisca realmente. Ci saranno miliardi di altri metodi che creativamente non siamo riusciti ad adottare, fino ad adesso siamo sicuramente il gruppo che è riuscito ad ottenere più reach a livello di pubblico e mediatico. Se domani arriva un gruppo che lo fa meglio e con metodi migliori ben venga, questo non è l’unico metodo ma è quello che abbiamo visto avere più efficacia. Disobbedire in modo civile è un modo per riaffermare che la democrazia ha un valore, esiste e la vogliamo proteggere; la democrazia è per tutti, non solo per i ricchi.”
- Siete consapevoli del fatto che con questi metodi si allontanano anche le persone indecise e che devono essere convinte o quantomeno istruite su questi temi?
“I cambiamenti solitamente vengono portati da una piccola minoranza attiva e da una maggioranza di persone che supportano le richieste, parzialmente supportano i metodi ma non li mettono in pratica; è quel 60% di italiani che secondo i dati di youtrend attualmente ci supporta. Non abbiamo mai visto nella storia che metodi non violenti allontanino persone che non sono interessate al tema, si avvicinano le persone che sono consapevoli del problema ma che non fanno niente. Noi tariamo la nostra comunicazione sulla persona che ci osserva e non ha ancora sviluppato un’idea su chi siamo e se è d’accordo o no; la sfida è trovare il messaggio che convinca quella persona ad avvicinarsi un pò di più. L’obiettivo è attivare sempre più persone, non per forza con Ultima Generazione ma anche con un movimento come quello di Fridays for Future del quale preferisce i metodi. Uno dei target principali che abbiamo per il 2024 è cominciare a responsabilizzare molto la stampa e il giornalismo su come si sta parlando della crisi: non sono episodi isolati di maltempo o cambiamento climatico, bisogna dare un quadro più complesso di quello che sta succedendo. La disobbedienza civile deve essere reintegrata come strumento di richiesta e pressione; è un dato di fatto perché gli scioperi degli anni ‘70 e le occupazioni delle fabbriche sono disobbedienza civile, è come se stessimo facendo servizio civile. Per vincere il cuore e le menti delle persone bisogna riuscire a fargli capire cosa stiamo facendo e quanto cuore e solidarietà c’è dietro quello che noi facciamo. Coi nostri mezzi abbiamo raggiunto risultati allucinanti.”
- Il rischio di “macchiettizzazione” ormai è diventato reale, siete passati dall’essere attivisti a una semplice macchietta delle vostre azioni. L’avete notato e se sì potrebbe modificare il vostro piano d’azione?
“La grande forza del capitalismo contemporaneo è quello del ri-assorbire al suo interno tutto quello che prova a rompere il sistema, consapevoli del fatto del rischio di diventare una macchietta, diventare statico e non essere più l’elemento di propulsione, di conflitto e di cambiamento e dinamismo. Quello della macchiettizzazione sarà sempre un rischio come ogni cosa perché quello è il modo in cui si muove l’apparato mediatico. Dipende dall’intelligenza che avremo noi di come giocarci queste situazioni, ma da un lato identificarci come “quelli che imbrattano” è una vittoria. La sfida adesso è che si riesca a riempire di contenuto quell’appellativo. I rischi come la polarizzazione o la macchiettizzazione fanno parte della valutazione del rischio, sempre da tenere in mente per evitare che accada ma senza che diventi l’obiettivo. La macchiettizzazione diventa possibile e plausibile nel momento in cui noi abbiamo perso la nostra direzione politica, ma a quel punto la macchiettizzazione diventa l’ultimo dei problemi.”
ANALISI
Non si può certo dire che gli attivisti di Ultima generazione abbiano le idee confuse, anzi, sin dalla prima risposta, hanno dimostrato una fortissima convinzione nei loro ideali e nel loro operato. Loro, infatti, sono consapevoli che non stanno utilizzando dei modi convenzionali, ai quali siamo abituati ad assistere, ma sanno anche che questo è parte di un cambiamento a lungo termine, di una vera e propria rivoluzione, che mira a smuovere lo stato. Per fare ciò, ad oggi, per loro questo sembrerebbe l’unico modo, nonostante non abbiano escluso metodi alternativi, purché si mantenga la disobbedienza civile e si abbia lo stesso impatto.
Uno dei nostri quesiti principali riguardava il rischio di essere odiati dall’opinione pubblica, ma nel corso dell’intervista, abbiamo potuto notare che per loro non è un problema. Difatti, al di là di tutti i risultati che stanno ottenendo sia nella struttura interna che in varie trasmissioni (come “L’aria che tira” o “Piazzapulita” su la7), dove viene concesso loro di esprimersi più liberamente, credono che anche essere oggetto di discussione e dibattito sia una vittoria, perché vuol dire che non passano in sordina, anzi tessono le fila per qualcosa di più grande. In più occasioni in seguito alle nostre domande gli attivisti hanno risposto come ci si sarebbe aspettato, portando avanti le loro idee costi quel che costi, pur mantenendo sempre toni civili e anzi, amichevoli. Come nelle loro proteste, così anche nella nostra intervista, sembrano estremamente convinti di ciò che dicono, anche se per quanto riguarda i metodi con cui vogliono farsi ascoltare, forse non i più funzionali, sarebbe opportuno spendere forze e risorse per capire come migliorare a livello comunicativo piuttosto che sbattere la testa, puntare i piedi e pretendere che siano gli altri ad adeguarsi alle proprie modalità.
Il dubbio che ci troviamo ad affrontare è quindi se gli sforzi impiegati dagli attivisti per ricevere dai media tradizionali un piccolo spazio per lanciare un messaggio a costo di venir screditati e denigrati sia un prezzo che si è disposti a pagare qualora risulti sufficiente per portare un cambiamento.
Forse non si può ignorare l’immagine che si crea nei media, in grado di raggiungere chiunque, a favore di metodologie ispirate a quanto funzionava con i lavoratori nelle fabbriche degli anni ‘70. Se l’obiettivo è vincere una battaglia contro il governo, non passare per i cittadini può risultare controproducente.
Ci siamo chiesti quindi, se davvero non servisse l’appoggio popolare, per un’operazione rivoluzionaria di tale portata. Ciò che si viene a generare è un circolo vizioso che non porta mai l’opinione pubblica, anche a causa della stampa che porta avanti una certa retorica, a concentrarsi sulle motivazioni che spingono questi ragazzi e ragazze a rischiare di finire in carcere e prendere denunce. Se il dibattito non comincia a considerare e trattare queste persone come dei portatori di un messaggio concreto ma si limita a trattarli da macchiette, come effettivamente possiamo dire che gli attivisti si sono mostrati, non ci sarà evoluzione (tantomeno rivoluzione) e saremo condannati a subire continui gesti che alimenteranno sempre più una conversazione sterile e che va contro l’interesse di tutti.
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